Con molto affetto per te...
Quando ti sei svegliato questa mattina ti ho osservato e ho sperato che mi rivolgessi un pensiero, solo poche parole, che mi chiedessi un’opinione, che mi ringraziassi per qualcosa di buono che ti era accaduto ieri. Ho notato che eri molto occupato a cercare il vestito giusto da indossare per uscire, ho continuato ad aspettare mentre correvi per casa preparandoti. Sapevo che avresti avuto del tempo per fermarti almeno qualche minuto e dirmi: "Ciao" ma eri troppo indaffarato.
Ho illuminato il cielo per te, l’ho riempito di colori e di dolci canti di uccelli per vedere se mi ascoltavi. Nemmeno di questo ti sei reso conto. Ti ho osservato mentre ti dirigevi al lavoro e ho atteso pazientemente tutto il giorno. Con tutte le cose che avevi da fare, suppongo che tu sia stato troppo occupato per dirmi qualcosa.
Al tuo rientro ho visto la tua stanchezza e ho pensato di farti bagnare un po’ perché l’acqua si portasse via la tua sofferenza. Pensavo di farti un piacere, ma ti sei infuriato e hai offeso il mio nome. Desideravo che mi parlassi amorevolmente, c’era ancora del tempo.
Dopo hai acceso il televisore, io ho aspettato pazientemente, mentre guardavi la TV; ma hai cenato e non mi hai rivolto la parola. Ho notato che eri stanco e ho compreso il tuo desiderio di silenzio. Ho oscurato lo splendore del cielo ed ho acceso le stelle. In verità era bellissimo, ma non eri interessato a vederlo.
Al momento di dormire immagino che tu fossi distrutto. Dopo aver dato la buona notte alla famiglia sei caduto sul letto e quasi immediatamente ti sei addormentato. Ho accompagnato il tuo sonno con una dolce musica, i miei animali notturni si sono illuminati. Forse non ti rendi conto che io sono sempre lì con te.
Ogni giorno i paesaggi che dipingo sono solo per te. Attendo senza niente altro che il mio amore per te, ho più pazienza di quanto immagini! Ti amo tanto che spero tutti i giorni in un tuo pensiero.
Bene, ti stai svegliando di nuovo e ancora una volta io sono qui sperando che oggi tu possa dedicarmi un po’ del tuo tempo.
Buona giornata,
tuo papà DIO
-Cristo risorto-

Preghiera Semplice
-Cristo-
Signore,
fa di me uno strumento della Tua Pace:

Dove è odio,          fa ch’io porti l’Amore,
Dove è offesa,        ch’io porti il Perdono,
Dove è discordia,     ch’io porti l’Unione,
Dove è dubbio,        ch’io porti la Fede,
Dove è errore,        ch’io porti la Verità,
Dove è disperazione,  ch’io porti la Speranza,
Dove è tristezza,     ch’io porti la Gioia,
Dove sono le tenebre, ch’io porti la Luce.

Maestro,              fa che io non cerchi tanto:
Di essere consolato,  quanto a consolare;
Di essere compreso,   quanto a comprendere;
Di essere amato,      quanto ad amare.

Poiché, è:
Dando,                che si riceve;
Perdonando,           che si è perdonati;
Morendo,              che si risuscita a Vita Eterna.


Questa preghiera, spesso attribuita erroneamente a San Francesco, anche se richiama la sua spiritualità non è stata scritta da lui. È stata trovata in Normandia nel 1915, scritta sul rovescio di un santino di San Francesco e se ne ignora l’autore.
Ma i grandi non capiranno mai che questo abbia importanza
di Michele Serra da "La repubblica" del 1998
Sui giornali italiani di ieri (non tutti) era solo una notizia a una colonna. Però brillava, nel grande groviglio oscuro di parole, di una luce preziosa e inconfondibile, come gli anelli magici delle fiabe, e per milioni di persone, in tutto il mondo, è stata un grande tuffo al cuore.
A largo di Marsiglia un pescatore ha ritrovato nelle reti, insieme a qualche frammento di un aereo Lightnight P38 della seconda guerra mondiale, il braccialetto argenteo di Antoine de Saint-Exupéry, inabissatosi in volo il 31 luglio del 1944 durante una missione di guerra. Il pescatore ignora il punto preciso del ritrovamento. Dubita che il piccolo bracciale sia rimasto impigliato nelle maglie che dragavano il fondale, e sospetta piuttosto che sia stato restituito da un pesce che l’aveva inghiottito chissà dove. E’ quanto basta alle autorità per stabilire che le ricerche dell’aereo del pilota-scrittore devono essere estese a una vasta zona di mare; e a noi per leggere la storia come un insperato post-scriptum (il monile sputato dal pesce sputato dal mare) del Piccolo Principe.

Concepito negli anni di guerra, perfezionato, pare, durante un ricovero in ospedale a Hollywood (dove Saint-Exupéry era ospite di Jeans Renoir; e la bellissima moglie francese di Tyron Power, Annabelle, leggeva al convalescente la Sirenetta di Andersen) e pubblicato postumo da Gallimard nel ’46, il lungo racconto illustrato di Saint-Exupéry è totalmente avvolto - nel testo come nella genesi, per non dire della vita e della morte ugualmente favolose dell’autore - da un’aura emotiva quasi insostenibile: qualità, questa, che in fondo mette d’accordo l’infinità di lettori-cultori e l’esigua schiera dei detrattori, i primi grati a Saint-Exupéry soprattutto per le lacrime versate sul libro, i secondi refrattari proprio a questo cedimento.
La potenza misteriosa che sprigiona dalle pagine del Piccolo Principe ha qualcosa di sciamanico: il lume dello sguardo infantile è così magistralmente dilatato da accendere nel lettore un lacerante rimpianto per la meraviglia perduta, sfrattata dall’ottusa inettitudine degli adulti a cogliere, del mondo, quei "dettagli" che soli possono spiegare il mistero e la crudeltà, e infine consolarci. "Guardate il cielo e domandatevi: la pecora ha mangiato o non ha mangiato il fiore? E vedrete che tutto cambia. Ma i grandi non capiranno mai che questo abbia importanza". Sono le ultime parole del libro, dedicato all’amico Leon Werth, "quando era un bambino", e domandando "perdono ai bambini di avere dedicato il libro a una persona grande". Ho il dispiacere, come Leon Werth, di non aver letto Il Piccolo Principe "quando ero bambino": ed è una delle pochissime mancanze che posso imputare alla mia felice infanzia.

Me lo ha fatto conoscere, da adulto, un premuroso amico seriamente colpito, e con ragione, da questa mia lacuna. Per riscattarmi l’ho letto ai miei figli. Colpisce, a questo proposito, che le varie multinazionali per l’infanzia, almeno per quanto ne so, non abbiano mai potuto o voluto tentare la riproduzione su larga scala, fumettistica o cartunistica o gadgetistica del Piccolo Principe, che pure è uno dei più clamorosi successi editoriali di sempre, in ogni parte del mondo. Ignoro se esista, in proposito, l’insormontabile veto di un qualche severo copy-right, o se piuttosto gli eventuali riproduttori si siano arresi all’unicità del libro. Sta di fatto che la sua irriproducibilità tecnica lo tutela e ci tutela, costringendoci, generazione dopo generazione, a rifarci al testo e ai disegni originari, alimentando il culto perfino fisico del libro, di quel libro.
Incontaminata, nonostante si presti a facili confusioni con recenti successi editoriali, rimane anche la frase-chiave della storia (di tutta la storia compresa quella di Saint-Exupéry): "Non si vede bene che con il cuore". Per leggerla nello stesso senso in cui è stata scritta, si deve immaginare il pilota di guerra che sorvola di parecchi chilometri le ferite sulle quali egli stesso ha il compito di spargere il sale. La percezione di trovarsi allo zenit del "grande camposanto della terra" (cito la canzone che De Gregori ha tratto da un altro celebre testo di Saint-Exupéry, Pilota di guerra) non può essere dettata dalle carte di volo, né dalle remote luci del mondo o dai traccianti della contraerea. E una percezione che appartiene alla topografia dell’animo, se non dell’anima, di un grande misterioso solitario, sparito a bordo di un Lightnight (luce della notte) in un punto indefinito tra cielo e mare, al largo della Francia, quasi alla fine dell’ultima strage mondiale perpetrata dagli adulti.

So che è ritornato sul suo pianeta, perché al levar del giorno non ho ritrovato il suo corpo". É stato ritrovato solo il braccialetto. Ma i grandi non capiranno mai che questo abbia importanza.
Trovato l’aereo di Saint-Exupéry
Ma il Piccolo Principe è in cielo
di Maurizio Crosetti da "La repubblica" del 7 aprile 2004
Come la sua tenera, romantica e fragile creatura, cioè "Il Piccolo Principe", lo scrittore Antoine de Saint-Exupéry era svanito in volo, evaporato nel nulla il 31 luglio 1944. Ma non era una favola, era la morte in una missione aerea di guerra. Da quel giorno, il tragico e suggestivo mistero del narratore-pilota ha alimentato una delle più tenaci leggende della letteratura mondiale. E’ di oggi la notizia che alcune parti del suo aereo sono state ritrovate al largo della costa di Marsiglia: il numero di codice del velivolo, 42-68223, ricavato da un’altra cifra impressa sulla fiancata sinistra del rottame (2734), non lascia spazio al dubbio.

Come racconta il Piccolo Principe, "l’essenziale è invisibile agli occhi". Ma il mito di Saint-Exupéry è stato rincorso per sessant’anni alla ricerca di tracce, indizi, segni che potessero dare contorni storici a una vicenda che pareva creata dalla fantasia di un grande autore. Così nel 1998 un pescatore trovò un braccialetto con il nome di Saint-Exupéry: pareva un altro incredibile capitolo del romanzo, al quale non sono mancati personaggi eccezionali. Come Philippe Castellano, tecnico radiologo all’ospedale di Marsiglia che da oltre vent’anni "radiografa" i resti degli aerei Lightning P38 inabissati, lo stesso modello sul quale s’imbarcò Saint-Exupéry per il suo ultimo decollo.

Certo, per i milioni di bambini e di adulti rimasti un po’ bambini, innamorati della personcina che chiede il disegno di una pecora e che si fa insegnare da una volpe la magia dell’essere addomesticati, un pezzo di aeroplano sul fondo del mare non aggiunge nulla. Tutti e due, lo scrittore e la sua creatura, sono apparsi nel mondo brevemente e intensamente, hanno lasciato il loro segno di poesia e poi sono volati altrove. Il Piccolo Principe invita i lettori a cercarlo tra le stelle, la sera. Anche Saint-Exupéry continua il volo, tra le pagine e nei cuori capaci di accoglierlo. Invece tra i pesci, arrugginito, c’è solo qualche pezzo di ferro.
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